Che cos'è
L’alluce valgo è la più comune deformità della razza umana, colpisce il 23% della popolazione adulta, arrivando fino al 35% per gli over 65.
Si tratta di una deformità acquisita su predisposizione congenita, raramente è già presente nell’età pediatrica e nell’adolescenza (in questi casi si parla di alluce valgo giovanile).
La deformità è assai più frequente nel sesso femminile, in rapporto di 4 a 1.
Possiamo definire l’alluce valgo come uno spostamento dell’alluce verso le dita esterne insieme alla comparsa di una prominenza verso l’interno della testa metatarsale.
Non vi è dunque crescita di osso in più, bensì uno scivolamento verso l’interno del primo osso metatarsale, con allargamento e spianamento del “ventaglio metatarsale”.
I sintomi dell’alluce valgo sono rappresentati da dolore alla palpazione, difficoltà nel portare le scarpe, dislocamento o deviazione delle dita, carico alterato del piede. Chi ne se soffre presenta:
- una protuberanza sporgente alla base dell’alluce detta borsite (volgarmente “cipolla”);
- dolore persistente o intermittente, sia nel camminare, che a riposo;
- calli o ispessimenti, specialmente dove le dita si toccano eccessivamente fra loro, o si sovrappongono;
- difficoltà a calzare le scarpe normali.
La deviazione in valgo dell’alluce peggiora progressivamente nel tempo, in maniera variabile da individuo ad individuo, evolvendo progressivamente in artrosi della prima articolazione metatarso-falangea.
Frequentemente l’alluce valgo è associato a piede piatto, secondo dito a martello e sovraccarico metatarsale, con dolore plantare sotto le teste dei metatarsali, detto metatarsalgia.
Poiché l’alluce gioca un ruolo fondamentale nell’appoggio e nella spinta della deambulazione, la sua patologia porta inevitabilmente nel tempo ad alterazioni posturali progressive, che possono ripercuotersi su altri organi, specie la colonna, con lombalgia e dorsalgia.
La cura dell’alluce valgo è solo chirurgica, quando necessario.
La chirurgia moderna è veloce, rapida, poco dolorosa, si può eseguire in day hospital e in anestesia periferica. Si basa su una osteotomia, cioè sezione ossea, mirata a riportare la testa metatarsale al centro del fulcro funzionale articolare, ricentrando così l’azione della muscolatura intrinseca ed estrinseca.
Fra queste la tecnica di Austin-Chevron, osteotomia trapezoidale a V coricato è oggi la più affidabile e la più praticata. Noi abbiamo leggermente modificato questa osteotomia per adattarla alle esigenze moderne grazie ad un angolo più aperto, che facilita l’inserimento della vite, e ad un braccio plantare lungo che migliora il contatto osseo.
Lo spostamento osseo è precisamente calcolato, ha un contatto eccellente e viene mantenuto stabile da sintesi interna con vite/viti in titanio, così’ da consentire un carico immediato ed una riabilitazione precoce.
PERCHÉ SI FORMA L’ALLUCE VALGO
Le cause dell’alluce valgo non sono state ancora completamente chiarite.
Esistono numerose ipotesi sulle cause di questo, probabilmente non si tratta di una causa unica, ma di un insieme di più fattori.
È comunemente accettato comunque che l’alluce valgo sia il risultato della rottura dell’equilibrio fra le componenti tendinee e la struttura legamentosa, che stabilizza l’articolazione durante l’appoggio e la spinta al suolo.
Se, in fase propulsiva, l’alluce non è ben stabilizzato al suolo per uno squilibrio biomeccanico a monte, ad esempio un piede piatto o una sindrome pronatoria, tende a deviare e ruotare.
La sua muscolatura stabilizzante intrinseca è debole, la muscolatura lunga molto forte. Se il sistema legamentoso dell’avampiede è lasso la situazione è ancora peggiore. Ecco che allora, in fase di spinta, l’alluce devia lateralmente, l’avampiede si allarga a ventaglio, il primo metatarsale si adduce, gli altri metatarsali si abbassano e si sovraccaricano (il cosiddetto piattismo traverso).
Inizia così quella catastrofica sequenza biomeccanica, di cui l’alluce valgo è solo l’epifenomeno.
E infatti nel tempo il quadro si aggrava, per un’artrosi eccentrica dell’articolazione metatarso-falangea prima, una lussazione della testa metatarsale sui sesamoidi, un progressivo ipercarico sulle teste metatarsali, una deformità a martello o ad artiglio delle dita. Il livello di gravità dell’alluce valgo e della sua deviazione è dunque molto variabile
Tra i fattori di rischio che possono originarlo troviamo:
- iperlassità dell’avampiede;
- la tipologia del piede;
- la tendenza ereditaria del disturbo;
- alcune deformità congenite (es. lunghezza dell’alluce rispetto alle dita);
- calzature a punta stretta e tacchi alti;
- malattie reumatiche come artrite reumatoide;
- alcune attività specifiche (es. ballo).
DIAGNOSI DELL’ALLUCE VALGO
La diagnosi normalmente è semplice: con il paziente in posizione eretta, l’osservazione permette di identificare la deviazione laterale della parte ed eventuali sue deformità.
Quindi si valuta il dolore, l’eventuale rossore e la mobilità. Inoltre è importante valutare la perfusione vascolare e le funzioni sensitive e motorie.
Va sempre prescritto un esame radiografico del piede in carico in proiezione antero-posteriore e laterale, che consente di calcolare il grado di deviazione e calcolarlo goniometricamente.
La radiografia consente anche di calcolare millimetricamente l’entità dello spostamento, che andrà poi verificato e riprodotto sul tavolo operatorio.
Spesso è necessario approfondire con Risonanza Magnetica Nucleare per studiare il grado di condropatia, escludere un neuroma di Morton, valutare eventuali segni di flogosi o presenza di microfratture da stress.
Se si tratta inoltre di soggetti anziani o fumatori va sempre prescritto uno studio vascolare periferico con eco-color-doppler.
QUANDO SI PONE L’INDICAZIONE CHIRURGICA?
L’indicazione chirurgica si pone in caso di dolore persistente, presenza di borsite (cioè rigonfiamento della parte interna dell’articolazione), carico alterato con callosità plantari, intolleranza alla calzatura.
Ulteriore motivazione all’intervento un peggioramento della situazione clinica di valgismo avvenuto negli ultimi sei mesi/un anno.
Questa situazione può essere presente nel giovane, come nell’adulto e nell’anziano.
Nell’alluce valgo giovanile, di tipo malformativo, caratterizzato in genere da un piede tendenzialmente piatto, un metatarsale addotto ed una testa del primo metatarsale ad ogiva, si consiglia di operare dopo i sedici anni, a fine dell’accrescimento scheletrico.
Nell’ alluce valgo dell’adulto, caratteristico delle giovani donne con familiarità, in genere si assiste ad un peggioramento verso i 40 anni, in associazione a metatarsalgia, con significativa limitazione nell’uso di calzature e nello sport. Inutile aspettare per operare, perché sempre la situazione peggiora e i vari presidi non chirurgici (tutori, divaricatori) sono spesso inutili. Rinviando eccessivamente l’intervento, aumenta il rischio evolutivo della deformità nel tempo, che causa usura dell’articolazione, con danno artrosico e compromissione del risultato finale dopo la chirurgia.
Nell’alluce valgo post-menopausale, il più frequente, la deformità è in genere la combinazione fra un disassamento sul piano traverso e inziali deformità artrosiche. L’ indicazione si pone per presenza di dolore, borsite, carico alterato, patologie associate, quali il dito a martello.
L’alluce valgo della terza età è’ in genere equamente suddiviso fra uomo e donna, a differenza dai precedenti, si caratterizza per le deformità artrosiche associate, l’aspetto a triangolo del piede, la quasi costanza di patologie associate. Si opera solo se doloroso o se rende impossibile l’uso di calzature accettabili e le attività sportivo-ricreative.
L’alluce valgo dell’anziano o del grande anziano (dagli 80 in su) si cerca di non operare, per l’elevato rischio di complicanze cutanee e vascolari.
Si procede solo in caso di complicanze cutanee (borsiti, ulcere etc.) specie se patologie associate a rischio (es. diabete), con estrema prudenza e con interventi calibrati al substrato biologico.
In genere l’intervento correttivo di alluce valgo è programmabile, mai urgente.
IN COSA CONSISTE L’INTERVENTO CHIRURGICO
Sono descritte oltre 100 tecniche correttive per l’alluce valgo, il che spiega come in realtà non si possa parlare di una sola tecnica vincente.
Le tecniche moderne mirano alla ricostruzione della struttura ossea ed al suo riallineamento con un approccio chirurgico poco aggressivo, grazie anche ad un’anestesia periferica (blocco di caviglia) che, associata ad una leggera sedazione, è molto confortevole, poco pericolosa, copre a lungo dal dolore e consente una dimissione rapida (fast track).
Nell’intervento viene in pratica eseguita una sezione ossea al colletto metatarsale, dopo aver delicatamente smussato la parte sporgente. La testa metatarsale viene riportata nel suo centro funzionale, sopra i due ossicini dedicati all’appoggio, detti sesamoidi.
La tecnica più collaudata al mondo, detta Austin-Chevron, è una osteotomia trapezoidale a forma di V aperta a circa 80°, che si esegue con piccola incisione dorsomediale, di circa 4 cm. Lo spostamento viene preceduto dalla liberazione delle parti molli con la stessa incisione. Si calcola la direzione dello spostamento e si esegue l’osteotomia con millimetrica precisione mediante guida.
Eseguito lo spostamento, l’osteotomia viene stabilizzata con una vite in titanio, affondata nell’osso, in modo da ottenere stabilità ed eccellente contatto.
Questa vite è biologicamente compatibile, può rimanere a vita. Andrà rimossa (raramente) solo se si mobilizza o dà fastidio per parziale sporgenza.
Si smeriglia poi il bordo sporgente e l’articolazione viene riequilibrata ricostruendo le parti molli.
Si esegue una RX di controllo direttamente in sala per maggiore sicurezza.
Terminato l’intervento, il piede viene bendato ed il carico, con prudenza e con la scarpetta a tacco posteriore, viene concesso immediatamente.
La stabilità ottenuta grazie alla vite consente infatti mobilizzazione immediata e carico immediato.
I risultati della tecnica Austin-Chevron sono eccellenti nella maggioranza dei casi, con normalizzazione della congruenza articolare ed eccellente normalizzazione anche della biomeccanica del passo.
LA TECNICA AUSTIN-CHEVRON È INDICATA IN TUTTI I CASI?
Assolutamente no. Gli alluci valghi non sono tutti uguali.
Molto importante valutare sulle Rx l’angolo intermetatarsale, cioè la divaricazione fra il primo e secondo metatarso. L’ osteotomia Austin-Chevron consente però anche traslazioni molto “spinte” che raggiungono fino al 50%. (questa tecnica è detta Austin-Scarf mini). In questi casi, per maggiore sicurezza, bisogna utilizzare 2 viti (una di compressione/una di rotazione).
Tuttavia, quando l’avampiede è aperto a “ventaglio” bisogna agire alla base del primo osso metatarsale.
Si tratta di osteotomie più difficili, che richiedono stabilizzazione con viti o placca dedicata, tempi di scarico più lunghi, associazione con altri tempi chirurgici.
Un’altra procedura frequente che si associa ad altre nella correzione delle deformità è la tecnica di Akin, cioè una osteotomia falangea direzionale in cui si asporta un piccolo cuneo a base interna, per allineare l’alluce. Questa tecnica serve anche per migliorare la cosmesi dell’intervento, perché derota l’unghia e allinea funzionalmente il complesso della muscolatura lunga sul midpoint funzionale dell’articolazione.
Altra varante possibile, l’osteotomia di Austin multiplanare (Austin bicorrectional) o in accorciamento, in cui, oltre a spostare lateralmente, si sottraggono piccoli cunei ossei per accorciare o ricentrare l’articolazione.
Va ricordato a questo punto che un moderno Chirurgo Ortopedico del Piede non cerca di applicare un solo intervento per tutte le deformità, che sono molto diverse fra loro, ma utilizza per ogni paziente la tecnica più adatta.
ESISTONO ALTRE TECNICHE AFFIDABILI?
Certamente. Esistono altre osteotomie del primo metatarsale molto diffuse nel mondo. Sono la tecnica SCARF e la tecnica Mitchell, valide nei risultati, ma con necessità di esposizione molto più ampia. I risultati sono sovrapponibili alla Austin-Chevron, ma proprio questa necessità di maggior scollamento delle parti molli non le fa preferire.
HO SENTITO PARLARE DI TECNICHE MINI-INVASIVE. COSA SONO?
La Chirurgica mini-invasiva (MIS) è molto innovativa come concetto nella Chirurgia Ortopedica moderna. Si fa in tutti i distretti. L’artroscopia del ginocchio e della spalla ne è un eccellente esempio. Nel termine di mini-invasività è intrinseco il concetto di ridurre al massimo il danno chirurgico ai tessuti con esposizione il più ridotta possibile. Anche la tecnica di Austin-Chevron con le moderne modifiche (Austin-Chevron mini open) è una tecnica MIS, poiché msi cerca comunque di minimizzare al massimo l’esposizione dei tessuti profondi.
Per l’alluce valgo vi sono due tecniche oggi praticate.
La più diffusa in Italia è la tecnica percutanea sec. Bosch/SERI che consiste in una piccolissima incisione esterna, sezione dell’osso con fresa rotante a bassa velocità, spostamento della testa metatarsale e stabilizzazione con un grosso chiodo (2,2 mm) che esce dall’alluce di fianco all’unghia per stabilizzare l’osteototomia.
Per questa tecnica sono riferiti ottimi risultati da autori autorevoli italiani (Magnan, Giannini), perché è semplice, veloce, poco costosa e si può fare bilateralmente, anche in anestesia locale.
I suoi limiti sono rappresentati dal rischio di rigidità, dalla perdita di correzione una volta rimosso il filo, lo scivolamento fra le componenti ossee con inclinazione (tilt) della testa metatarsale rispetto alla diafisi (è una sezione fra due superfici lisce), le infezioni dovute al filo percutaneo, il dolore postoperatorio per la posizione forzata del dito, la necessità di numerose medicazioni e controlli da parte del Chirurgo.
COME POSSO ESSERE INSERITO/A IN LISTA PER ESSERE OPERATO?
Durante la visita, se si concorda per decisione chirurgica, viene compilata una scheda dettagliata di programmazione, che viene consegnata alla Segreteria del Policlinico di Abano per intervento convenzionato col SSN o della Casa di Cura Diaz, se si tratta di intervento privato o assicurato.
Si viene cioè automaticamente inseriti nella lista di attesa.
La lista di attesa è differenziata in base alla eventuale urgenza, alla USL di appartenenza, alla eventuale copertura assicurativa.
In linea di massima si concorda un periodo adatto alle necessità del singolo paziente, in relazione ai tempi di attesa.
L’intervento al momento attuale è coperto integralmente dal Sistema Sanitario Nazionale ed eseguibile con tempi di attesa modulati in base ai budget concessi dalle Regioni eroganti l’assistenza.
L’intervento presso la Casa di Cura Diaz viene invece eseguito anche in regime privato o rimborsato dalle maggiori Assicurazioni Mediche del Settore; in tal caso la lista di attesa è breve, circa un mese.
La Segreteria preoperatoria (CUP ricoveri) provvede a stabilire con anticipo di circa un mese la data definitiva e ad organizzare il day hospital pre-operatorio, in cui si fanno, a cura della Struttura assistenziale, gli esami necessari ed il colloquio anestesiologico.
Non esistono periodi dell’anno più o meno indicati per questa chirurgia, anche se il consiglio è di escludere i periodi caldi (luglio/agosto) in cui il piede suda e la cute può macerare.
QUALCHE INFORMAZIONE SUL DECORSO POSTOPERATORIO
L’intervento chirurgico con la tecnica di Austin, che è molto rispettosa per le parti molli, non richiede compressione o immobilizzazione forzata, non è particolarmente doloroso.
Noi ci aiutiamo inoltre con un blocco anestetico locale postoperatorio e, talora, con una pompa elastomerica per flebo, che inietta costanti e piccole dosi di analgesico.
La maggioranza dei nostri pazienti è meravigliata e dice: non ho sentito nulla!
Importante è prevenire il dolore con una terapia costante e puntuale per i primi 3-4 gg.
In corso di intervento viene già eseguita profilassi antibiotica.
A domicilio viene prescritta terapia medica anti-infiammatoria ed analgesica da prendere per i primi tre/quattro giorni, terapia antibiotica per bocca per i primi 5 gg, profilassi anti-trombo-embolica con eparina a basso peso molecolare per via sottocutanea per almeno due settimane, in qualche caso, se a rischio, fino a quattro settimane.
Eventuali terapie in corso, con profilassi estro-progestinica (pillola), terapia con antiaggreganti orali (aspirina), immunosoppressori (Metotrexate, biologici per AR) vanno sospese prima e dopo, per un periodo da concordare col Medico.
Nell’immediato postoperatorio è importante eseguire subito esercizi attivi di flesso-estensione della caviglia, muovere e mantenere attivo l’arto, automanipolarsi l’alluce operato.
Insomma promuovere una riabilitazione precoce!
Dunque spesso la fisioterapia non è necessaria.
Tuttavia nei pazienti più anziani, con flebopatia o con componente artrosica, la fisoterapia è fondamentale per accelerare i tempi di recupero.
Si inizia a quattro settimane dall’intervento e va spesso programmata con anticipo.
Ogni paziente riceve un protocollo personalizzato, per indirizzare il fisioterapista.
Molto importante è poi proseguire autonomamente il trattamento con una serie di esercizi specifici, che vengono chiaramente spiegati al momento della visita.
IN SINTESI COME SI PUÒ RIASSUMERE IL PERCORSO PRE E POST-OPERATORIO PER INTERVENTO DI ALLUCE VALGO?
- visita per arruolamento e inserimento in lista di attesa
- telefonata per data stabilita, con margine per concordare i tempi, e colloquio con anestesista circa una settimana prima. In caso di lontananza, esami a casa e colloquio la\sera prima
- un giorno in clinica, massimo una notte
- prima medicazione a sette giorni (gratuito)
- controllo clinico e Rx a trentacinque giorni (due impegnative)
- controllo a tre mesi (una impegnativa)
Scarpetta postoperatoria per quattro settimane, con uso o meno di stampelle, a seconda del proprio equilibrio.
Corsa leggera dopo tre mesi, scarpa col tacco (fino a 5 cm.) dopo quattro settimane, poi tacco libero. Meglio evitare successivamente, se non per periodi limitati, scarpe strette nella punta e tacco a spillo oltre gli 8/9 cm.
Il Prof. A. Volpe col suo staff resta comunque a disposizione, anche telefonica, per urgenze e complicanze, 24 h.
QUALI SONO LE PERCENTUALI DI SUCCESSO DELLA CHIRURGIA CORRETTIVA DELL’ALLUCE VALGO NELLE NOSTRE MANI E LE COMPLICANZE/INSUCCESSI?
La nostra casistica si riferisce a più di quattromila casi operati negli ultimi dieci anni.
Statisticamente il 60% dei nostri pazienti è molto soddisfatto, il restante 32% abbastanza soddisfatto, perché ha qualche piccola riserva.
L’8% dei casi presenta qualche problema o complicanza, in oltre il 60% dei casi risolvibile con un secondo intervento, in genere molto più semplice e più breve nel recupero, rispetto al primo.
I pazienti insoddisfatti definitivamente non superano il 2/3 % dei casi.
Presentano una prognosi significativamente peggiore i pazienti con artrosi dell’articolazione da operare, quelli con danni da malattie infiammatorie (artrite reumatoide), i pazienti con osteoporosi ed i forti fumatori.
Ogni tipo di chirurgia si porta con sé un minimo di rischio di complicanze o di insuccesso.
Consideriamo inoltre che l’alluce valgo si forma per una predisposizione congenita, spesso familiare, e che noi siamo chiamati ad operare situazioni in cui la deformità è presente da anni e, a volte, ha già creato dei danni articolari.
La chirurgia che eseguiamo è una chirurgia ricostruttiva che agisce, possibilmente al meglio, su tessuti talora compromessi. Siamo a dire che, come se fossimo sarti, lavoriamo col tessuto che il paziente ci porta! Non usiamo protesi, come in altre patologie osteoarticolari dell’apparato locomotore! Inoltre i nostri pazienti sono spesso anziani, con patologie associate (artrosi, flebopatia, osteoporosi) e con deformità multiple dell’avampiede, magari strutturate da molti anni.
Ma facciamo un elenco sistematico delle complicanze possibili:
- trombosi venose profonde: eccezionali da quando facciamo profilassi anti trombosi venosa profonda con eparina a basso peso molecolare.
- sofferenze cutanee, flebiti, infezioni: davvero rare in pazienti senza problemi sistemici (a rischio artrite reumatoide con cortisonici e fumatori, pazienti anziani).
- edema, gonfiore persistente: spesso presente in soggetti con insufficienza venosa e linfatica, in genere transitori.
- disestesia, ipoestesia della zona operata: è in genere transitoria, si risolve nel giro dei sei mesi, massimo un anno.
- inestetismi, cheloidi, aderenze superficiali e profonde delle ferite, granulomi da punto di sutura: possono avvenire e dipendono molto da fattori individuali. Si possono prevenire con massaggio di scollamento, pomate specifiche, protezione dal sole. Possibile indicazione a chirurgia estetica in rarissimi casi.
- rigidità articolare: abbastanza frequente in flessione plantare oltre i 15° gradi, non penalizza il risultato, possibile ma rara oltre i 30 gradi di flessione dorsale, rappresenta una causa di parziale riserva sul risultato.
- ipocorrezione o recidiva parziale: assolutamente rara con questa tecnica che sposta l’osso. Può essere prevenuta con un tutore notturno per i primi sei mesi. Statisticamente presente nel 2% dei casi, può essere ripresa con osteotomia falangea direzionale tipo Akin.
- ipercorrezione o alluce varo post-chirurgico, alluce flesso, alluce a griffe: sono complicanze possibili nell’1% circa dei casi, spesso indipendenti dalla tecnica chirurgica, piuttosto correlati a caratteristiche individuali. Necessitano di ripresa chirurgica.
- pseudoartrosi (non consolidamento), spostamento della osteotomia: possono avvenire per trauma, caduta accidentale, scarsa tenuta del mezzo di sintesi, scarsa qualità ossea. Possono richiedere ripresa chirurgica a seconda dei casi.
- intolleranza mezzi di sintesi (vite, viti, chiodo etc.): è dovuta a mobilizzazione o sporgenza dei mezzi di sintesi per non perfetto affondamento o spostamento successivo, richiedono asportazione chirurgica dell’impianto. In genere è chirurgia semplice, si può eseguire in locale, non richiede ulteriore riposo.
- osteoartrosi, osteonecrosi cioè danno evolutivo post-chirurgico all’articolazione operata: è possibile nel caso di danno all’afflusso vascolare della testa o osteoartrosi pre-esistente. Si tratta di complicanze gravi che spesso richiedono un ulteriore intervento di protesi (sostituzione totale) o fusione articolare (artrodesi).
- metatarsalgia da trasferimento: è sempre possibile, sia perché spesso un alluce valgo si associa a piattismo traverso del piede, sia perché, come detto in fase introduttiva, l’alluce valgo è solo la parte emersa dell’iceberg rappresentante la patologia dell’avampiede e dell’appoggio. Circa il 15% dei pazienti sviluppa negli anni successivi all’ntervento una metatarsalgia od un dito a martello, patologia che verosimilmente avrebbe verosimilmente sviluppato comunque.
- algodistrofia dolorosa post-chirurgica: è sempre possibile in soggetti predisposti (ansiosi, fumatori, etc.). Può penalizzare anche interventi ben eseguiti e richiede rapido riconoscimento e cura in mani esperte.
In genere più sono i distretti operati oltre l’alluce (metatarsali, dita a martello, neuroma di Morton) più aumenta il rischio di complicanze e risultati insoddisfacenti.
POSSO OPERARMI CONTEMPORANEAMENTE DA TUTTE E DUE LE PARTI?
Noi sconsigliamo la correzione bilaterale.
Infatti, con ambedue i piedi operati, non è possibile camminare e basta una piccola complicanza per prolungare eccessivamente la convalescenza e compromettere la vita di relazione.
Spesso inoltre la deformità non è simmetrica e comunque è più facile garantire una buona simmetria della correzione a distanza piuttosto che contemporaneamente.
Considerando che, dopo l’intervento, l’altro piede dovrà compensare quello operato, si consiglia l’intervento controlaterale, se indicato, non prima di sei mesi, meglio un anno.
SE NON MI OPERO CHE RISCHIO CORRO?
L’alluce valgo può restare silente per molti anni, specie se il paziente si adatta a scarpe comode e larghe.
Nel caso di conflitto piede/calzatura, senza sovraccarico plantare, l’unico rischio è lo sviluppo di una patologia artrosica articolare, con rischio di dover affrontare l’intervento chirurgico con peggiori prospettive di successo.
Diverso invece se sono già presenti un sovraccarico o una deformità delle dita.
In questo caso la deformità peggiora rapidamente e coinvolge più segmenti.
Tuttavia, come regola generale, resta valido il concetto che l’alluce valgo, se non doloroso, va considerato con prudenza in senso chirurgico.