Che cos'è
Nonostante i progressi nel trattamento farmacologico dell’artrite reumatoide, le deformità del piede in questa patologia e nelle malattie reumatiche in genere costituiscono, ancora oggi, un problema assai comune che, non raramente, richiede il ricorso a procedure chirurgiche.
L’AR è una artropatia infiammatoria autoimmune, ad eziologia non ancora chiara, caratterizzata da sinovite cronica e danno articolare progressivo che interessa, primariamente, le piccole articolazioni del piede. Colpisce maggiormente le donne rispetto agli uomini nel rapporto di 3:2.
Le deformità tipiche, nei pazienti affetti, interessano l’avampiede e sono costituite dall’alluce valgo e da deformità a carico delle articolazioni metatarso-falangee laterali e delle dita, con tendenza alla lussazione di tutte le MF e deformità ad artiglio delle dita.
Il mesopiede non è comunemente interessato isolatamente, ma può essere coinvolto nel 40-60% dei casi, mentre il retropiede è coinvolto nel 30-60% dei casi.
Nelle fasi iniziali della AR, il piede viene interessato solo nel 15-20% dei casi, talvolta come vera e propria manifestazione di esordio; nel rimanente 80-85% dei casi esso è una delle localizzazioni tardive.
Molta parte del trattamento delle deformità specifiche del piede reumatoide, oltre che alla terapia di fondo compito del Collega Reumatologo, è trattabile con calzature adatte, predisposte, comode, con suola rigida a barchetta per facilitare il rotolamento e studiate già con lo spazio previsto per l’inserimento di un plantare morbido su misura.
L’indicazione chirurgica si pone solo in caso di ipercheratosi intrattabile, borsite a rischio ulcerativo, deformità estreme che impediscono di calzare una scarpa, marcata metatarsalgia con sovraccarico metatarsale, severa deviazione delle dita.
INQUADRAMENTO DELLE DEFORMITÀ
Le principali alterazioni anatomopatologiche dell’AR interessano le articolazioni e sono caratterizzate dalla presenza del panno sinoviale per aggressione sinoviale diretta (bare areas).
In misura minore possono essere interessati anche tendini, borse e tessuto sottocutaneo periarticolare (noduli reumatoidi).
Ciò che si determina è una combinazione fra deformità classiche tipiche dell’età con lesioni proprie da artrite, conseguenza peraltro delle alterazioni della biomeccanica del carico e dall’uso della calzatura; altri fattori concomitanti quali patologia delle parti molli (atrofia del cuscinetto plantare), fratture da stress, fattori circolatori (vasculite), iatrogeni (cortisonici, immunosoppressori) influenzano il trofismo delle parti molli e della muscolatura intrinseca del piede.
L’avampiede assume, sempre più, una forma tipica a triangolo, a causa di un allargamento a ventaglio dei metatarsi con valgismo del primo raggio e varismo del V raggio. La griffe delle dita e l’insufficienza del I raggio portano ad un sovraccarico dei metatarsi centrali e a tipica callosità sotto le teste dei metatarsali, dolorose anche per via, come detto, dell’atrofia del cuscinetto plantare.
Per quanto riguarda mesopiede e retropiede, l’articolazione astragalo-calcaneare è quella più frequentemente colpita dall’artrite reumatoide, con a seguire, la astragalo-scafoidea ed infine la calcaneo-cuboidea.
Sebbene l’incidenza mondiale dell’AR sembri essere in declino, essa continua a compromettere la funziona biomeccanica del piede. Il dolore, risultato della sinovite a carico delle articolazioni MF, spesso costituisce il sintomo iniziale ed alcuni studi riportano che nei primi tre anni della AR, approssimativamente il 65% dei pazienti presentano un coinvolgimento delle articolazioni MF.
Con il cronicizzarsi della condizione, due terzi dei pazienti sviluppano una sublussazione o lussazione delle articolazioni MTP delle dita minori e anche l’incidenza e la severità dell’alluce valgo sono da correlarsi agli stadi cronici. Circa il 20% di questi pazienti andrà incontro al trattamento chirurgico.
TRATTAMENTO
La terapia dell’AR si pone come obiettivo primario la riduzione del dolore, il controllo della riposta infiammatoria e il rallentamento del danno articolare.
FANS e glucocorticoidi rappresentano il trattamento di scelta sebbene oggi esistano nuove tipologie di farmaci quali i farmaci antireumatici in grado di modificare la malattia tradizionale (disease-modifying antirheumatic drugs, DMARDs), farmaci immunomodulatori, citotossici, immunosoppressori e gli agenti biologici.
Mentre in passato si raccomandava il riposo, oggi si attribuisce alla terapia fisica e alla ginnastica muscolare isometrica o isotonica una grande importanza. La terapia fisica non solo accelera il ricambio metabolico locale ma mantiene trofica la cartilagine articolare.
Le docce di posizione (splint) riducono l’infiammazione locale e possono alleviare sintomatologie dolorose importanti o neuropatie compressive.
Come già detto nella parte introduttiva, è fondamentale l’uso di scarpe specifiche studiate dall’industria appositamente per le deformità reumatiche.
Il trattamento ortesico deve essere adeguato specificamente alle caratteristiche del piede reumatoide, con scarpe e materiali adatti sia nella fase pre-operatoria sia nel post-operatorio, tenendo conto della specifica biomeccanica del piede reumatico e delle limitazioni della malattia a carico di altri distretti (mani, gomiti, spalle, anche, etc.).
L’indicazione chirurgica si pone nella fase avanzata della malattia col fine di correggere le deformità gravi, ristabilire un appoggio plantigrado, permettere delle calzature idonee, consentire un’adeguata deambulazione e garantire una certa capacità funzionale al paziente.
La scelta chirurgica dipenderà dalle varianti cliniche, dalle condizioni delle articolazioni e dei segmenti ossei interessati, dalle condizioni della cute, dalla presenza di alterazioni biomeccaniche precedenti e/o predisponenti, dalla condizione delle articolazioni sovrasegmentarie: in questo ultimo caso, verranno trattate prima le grandi articolazioni e poi le articolazioni distrettuali.
Nella chirurgia dell’avampiede, quando i problemi di sovraccarico prevalgono sulle deformità articolari, si possono eseguire osteotomie di scarico analogamente a quanto si fa nella metatarsalgia con tecnica open (osteotomie tipo Weil-Maestro e sintesi con microviti) o MIS (sec. Isham-De Prado).
In gran parte dei casi è però indicata una chirurgia più demolitiva. In questo caso, le opzioni possibili comprendono: allineamento tramite resezione delle teste metatarsali per via plantare (Lelievre) o dorsale (Hohmann/Hibinette) e/o l’artrodesi delle dita.
Per quanto riguarda le articolazioni del mesopiede e del retropiede, l’interessamento artritico, se in fase avanzata, viene trattato con artrodesi allo scopo di dare allineamento e stabilità, togliendo al contempo il dolore.
Quando ad essere interessato è il primo raggio, con presenza di gravi erosioni articolari, l’artrodesi della MF1 rappresenta certamente una tecnica sicura e affidabile, che permette il persistere della correzione nel tempo, toglie il dolore e conferisce stabilità.
Nel caso di coinvolgimento della tibio-tarsica l’intervento di elezione è la protesi totale.
In questa tipologia di pazienti, tutto sommato a ridotta richiesta funzionale, è importante conservare la motilità e non caricare eccessivamente le articolazioni portanti maggiori, magari anch’esse già trattate con protesi.
Se, insieme alla tibio-tarsica, è coinvolto anche il retropiede e/o l’articolazione astragalo-scafoidea, contemporaneamente all’impianto della protesi si stabilizza in situ il meso-retropiede.
Le moderne tecniche di strumentazione PSI (patient specific instrumentation), basate su stampe 3D realizzate grazie a TAC con protocollo dedicato, ci consentono impianti protesici anche in pazienti già operati in precedenza di fusioni del retropiede.